giovedì 29 dicembre 2011

Cenni storici di fitoterapia

Fin dagli albori dell'umanità le piante hanno rappresentato per l'uomo il cibo col quale alimentarsi, la medicina per curare malattie e guarire ferite, il veleno col quale uccidere i nemici e gli animali da cacciare.
La fitoterapia, cioè la cura delle malattie con preparati a base di piante è quindi molto antica, così come lo è l'aromaterapia, cioè il metodo che si avvale dell'olio essenziale ricavato dalle piante.
Gli uomini bruciavano gli aromi in onore degli dèi e solo all'inizio del XX secolo l'aromaterapia ricevette il suo nome e si sviluppò come scienza terapeutica. Fu merito al chimico francese René H. Gattefossé, che compiendo degli esami in laboratorio si scottò con una sostanza chimica e guarì rapidamente grazie a un'immediata e casuale immersione della piaga in olio essenziale di lavanda: da allora gli studi sono proseguiti e hanno fatto molti progressi.
La floriterapia, che ha origini più recenti, è invece il trattamente che fu ideato dal medico inglese Edward Bach (1886-1936) e che ricorre a distillati di fiori. Bach pensava che il corpo e l'anima fossero indivisibili e che non si potesse curare uno tralasciando l'altra; egli seppe recuperare in chiave moderna le antiche tradizioni di guarigione ed elaborare per i nostri tempi una terapia che curasse la persona partendo dall'anima.
La prima testimonianza dell'uso terapeutico delle erbe risale a una serie di tavolette di argilla con caratteri cuneiformi attribuite ai sumeri, risalenti al III millennio a.C..
Secondo la tradizione cinese l'imperatore Shen Nung, nel 2698 a. C. cura un "Catalogo delle piante" contenente 252 descrizioni.
I babilonesi avevano un repertorio di 1.400 piante medicinali.
Nel 1550 appare il cosiddetto Papiro di Ebers, il testo egizio più antico e completo di fitoterapia; era compito dei sacerdoti preparare la maggior parte delle preparazioni fitoterapiche.
Il medico greco Ippocrate (460-377) stabilisce per primo i dosaggi delle erbe; prima di lui vennero utilizzate da Achille e Asclepio che secondo la tradizione avrebbero seguito gli insegnamenti del centauro Chirone.
Teofrasto (372-287) redige dei testi fondamentali riguardanti le applicazioni pratiche delle piante medicinali.
Importanti opere sono anche quelle di Plinio il Vecchio (23-79) , di Dioscoride (40-90circa), di Ibn el Batair nell'VIII secolo.
Nel secolo successivo, secondo la tradizione, sarebbero convenuti a Salerno degli studiosi provenienti da varie parti del mondo per dare vita a una scuola di erboristeria: l'ebreo Helinus, l'arabo Azdala, il greco Pontus, il latino Salernus.
Come nell'antichità, anche nel Medioevo le conoscenze erano prerogativa della classe religiosa; tra il IX e il XVI secolo in ogni monastero vi era un "giardino dei semplici", dove venivano coltivate le piante medicinali.
Sono da ricordare senz'altro: suor Ildegarda, badessa di Bingen (1098-1179) che ci ha lasciato un volume (Physica) in cui, per la prima volta, vengono citate le virtù terapeutiche di alcune piante come ad esempio l'arnica; sant'Alberto Magno (1200?-1280) che grazie ai suoi testi, tra cui De Vegetalibus, è diventato il patrono dei botanici.
Nel Cinquecento cresce l'importanza dell'osservazione diretta e vengono redatti erbari illustrati.
Alla fine dell'Ottocento vennero per la prima volta preparati sinteticamente alcuni farmaci partendo dai vegetali. Lo sviluppo però della farmacologia portò però a un declino della fitoterapia che sembrava fosse sul punto di essere dimenticata a metà del Novecento.
Successivamente l'utilizzo delle erbe è tornato ad essere di interesse generale, merito anche della consapevolezza che non hanno tutti gli effetti collaterali dei farmaci, oltre al rinnovato interesse per la natura e la nascita delle scienze ambientali.

Nessun commento:

Posta un commento