sabato 5 novembre 2011

La cicoria

E' il simbolo della temperanza, la virtù che regola la consapevolezza dei nostri bisogni e la loro morigerata soddisfazione.
Anticamente la chiamavano "erba del sole", consacrata a questo astro.
Una leggenda narra che il sole chiese a una fanciulla di sposarlo: lei rifutò e lui la trasformò nel fiore di cicoria, condannandola a guardarlo in ogni momento della giornata.
I fiori si schiudono al mattino quando sorge il sole e seguono il suo percorso durante la giornata, richiudendosi poi nel pomeriggio.
Per questa ragione venne ribatezzata "guardiana dei cammini" e paragonata a una fanciulla che aspetta pazientemente ogni giorno il suo amante.
La forma mutevole delle parti aeree rivela un'anima trasformista, sempre pronta a cambiare le carte in tavola a suo vantaggio.
Nelle pratiche magiche la radice era in grado di far diventare invisibili.
Gli Egizi citarono la cicoria nel Papiro di Ebers quattromila anni fa per uso terapeutico.
Il medico greco Galeno la riteneva utile per il fegato.
Il poeta latino Orazio consumava la cicoria tutti i giorni.
Nel Cinquecento veniva usata nella preparazione della ricetta "Panacea della salute" insieme a parietaria, borragine, scorzonera e acqua di rose.
Nella medicina popolare lo sciroppo, ottenuto dal suo succo unito allo zucchero, veniva dato come depurativo ai neonati.
Le radici venivano usate da monaci ed erboristi per le proprietà depurative, lassative, ipoglicemizzanti.
Ora viene utilizzata anche contro la stanchezza e per portare armonia in tutto il corpo equilibrando gli organi.
Il decotto viene utilizzato nelle dispepsie, nelle costipazioni dovute a insufficienza epatica e nell'inappetenza.
Le foglie stimolano le funzioni digerenti e il fegato, blandamente lassative, depurative, diuretiche e ipoglicemizzanti.
L'effetto più importante è quello dovuto agli estratti di radice che possono far anche raddoppiare il volume della bile secreta. Il processo della bile è indispensabile affinché si compia quello digestivo; se però ve ne è un eccesso lascia "l'amaro in bocca", stimolando quegli stati d'animo come la frustrazione, la collera, la malinconia e la rimuginazione; la paura della privazione, dell'estrema delusione nella quale si consuma il rapporto uomo-danaro-possesso (affetti, amicizie, cose).
Dalla specie selvatica sono nate molte varietà coltivate, tra cui il radicchio e la trevisana.
Le radici, torrefatte e macinate, forniscono un surrogato del caffè, utilizzato ai tempi della guerra e ancor oggi diffuso. Uso che sembra sia nato nel Settecento in Sicilia.
Il consumo alimentare costante permette di godere delle proprietà della pianta: le foglie crude o saltate ad esempio in insalata; l'infuso e il decotto, assunti prima dei pasti, stimolano l'attività del fegato, dell'intestino e dei reni, purificando sia internamente sia la pelle.

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