La carota selvatica si distingue dalle ombrelle bianche dei fiori, leggermente rosate all'interno e dalle foglioline che profumano di carota; la radice ha un odore sgradevole ed è legnosa.
Esistono carote anche bianche il cui gusto è lo stesso.
Il significato è quello di felicità e di festa, perché in passato veniva usata per abbellire e addobbare gli ambienti nei giorni di festa.
Quella che viene consumata oggi fu selezionata nel XVI secolo, ma le sue proprietà si conoscono da oltre duemila anni: favorisce la diuresi e la secrezione lattea. Forse a causa della sua forma veniva considerata anche afrodisiaca e per curare l'impotenza maschile. Si riteneva utile anche per curare l'epilessia se veniva colto il fiore della carota nelle notti di luna piena.
La carota coltivata sostituisce quella selvatica dal punto di vista terapeutico.
Si mangia cruda, centrifugata e cotta. Il brodo di carote è ottimo in caso di diarrea e insieme ai semi di coriandolo o di finocchio è un buon carminativo.
La polpa cruda, grattuggiata, si può applicare localmente per alleviare le infiammazioni e le scottature solari.
Dai frutti si ricava l'olio che, diluito, si usa per massaggiare la pelle stanca e rugosa, la psoriasi e gli eczemi. Le frizioni favoriscono anche la circolazione, attenuano i dolori reumatici e gli edemi.
Per addolcire l'olio di carota si può unire l'olio di geranio odoroso, dato che ha applicazioni simili.
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